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Un corpo con molte membra

«Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra …»(Leggi 1 Co 12:12-31).

Paolo si serve di questa immagine del corpo per mostrare ai Corinzi, e alla fine anche a noi, l’importanza del servizio di ogni cristiano nella chiesa, quindi nel regno di Dio.  Ma lo scopo di Paolo per i cristiani nati di nuovo, provenienti dalla loro vecchia vita, che si lasciano battezzare e sono riempiti dello Spirito di Dio, non è che siano solamente membra di una chiesa. Paolo vuole che gli uomini diventino anche «discepoli», come Gesù aveva detto (Mt 28:19).

Le domande importanti sono queste: Serviamo noi laddove è necessario servire ? Com’è la relazione fra le varie membra ?  Ci sono dei malintesi oppure abbiamo capito male qualcosa ?  Tutte queste domande Paolo le tratta in base all’immagine del corpo che ha molte e diverse membra.

Un corpo

Nel versetto 12, citato qui sopra,  Paolo introduce l’immagine del corpo. Il nostro «corpo» umano è «uno» ed ha «molte membra». Ma nonostante le membra siano diverse, affinché il corpo funzioni bene, deve formare un’unità.

Paolo applica quest’immagine alla chiesa. La base dell’unità della chiesa è Gesù Cristo (versetti 12-14). Lui è il fondamento di tutto ciò che poi segue. In Cristo la chiesa è un corpo, il Suo corpo.

Alcuni pensieri in relazione a questo:

  • Ogni cristiano fa parte del corpo di Cristo. Essere un membro del corpo di Cristo, con tutto ciò che ne deriva, non è un privilegio per i cristiani che sono particolarmente attivi o dotati o per quelli che lavorano in un mestiere cristiano.
  • Possiamo diventare membra del Suo corpo solamente tramite l’opera espiatoria di Gesù Cristo sulla croce che ci riconcilia con Dio.
  • Lo Spirito Santo è l’unico che ci fa veramente membra del corpo di Cristo.
  • Solo lo Spirito di Dio distribuisce i doni a ciascuno in particolare «come Lui vuole» (1 Co 12:11). Lui ci fa membro particolare del corpo di Cristo, affinché possiamo servirci l’uno con l’altro «per il bene comune» (1 Co 12:7).
  • L’unità del corpo di Cristo esiste veramente perché Cristo è Uno (v. 12). Non è diviso e di conseguenza la Sua chiesa non può nemmeno essere divisa.
  • Unità però non significa che tutti fanno la stessa cosa o tutte le cose nello stesso modo. Dio, il Creatore, è certamente molto creativo. Siccome Lui ama la diversità, ha appunto creato le membra della Chiesa di Gesù in modo molto diverso e così le ha dotate e le usa.

Molte membra

Nella parte principale del nostro testo Paolo parla della struttura del corpo. Qui spiega il rapporto delle membra una verso l’altra. E ancora ci mostra da una parte ciò che Dio aveva inteso e dall’altra parte ciò che gli uomini hanno mal capito su alcune cose.

Paolo enumera tre malintesi:

Il primo malinteso lo troviamo nei versetti 15-16. Il piede dice: «Siccome io non sono mano, non sono del corpo» e l’orecchio dice: «Siccome io non sono occhio, non sono del corpo». È giusto questo ?  No !  Sicuramente no !

Il problema qua è che i cristiani spesso non accettano i propri doni. Sono quei cristiani che sono sempre insoddisfatti dei loro doni e vorrebbero invece essere dotati dei doni di qualcun altro della chiesa. Probabilmente sono invidiosi dei fratelli o delle sorelle che servono in un ambito diverso dal loro. («Piede» e «mano» sono entrambi degli arti e «orecchio» e «occhio» sono entrambi organi sensoriali.)  Così alcuni nella chiesa si sentono inferiori agli altri e quindi inutili. Per esempio: l’uno forse vorrebbe predicare così efficacemente ed essere pieno di forza come il pastore X. Un altro forse vorrebbe essere così ospitale come sono i coniugi Z, in casa dei quali ti senti bene immediatamente e dove puoi aprire il tuo cuore.

Ma non sono tutti i doni buoni e desiderabili ?  Sono certamente tutti buoni perché ci provengono da Dio. Quindi quest’atteggiamento non è giusto. Dio vuole che Lo serviamo proprio e solo con i doni che Lui ci ha dato. Aspirare sempre ad altri doni e stimare poco quelli assegnatici da Dio alla fine è falsa umiltà. Paolo dice: «Sono forse tutti apostoli ? Sono forse tutti profeti ?» (versetti 29-30) Evidentemente no !  Io non devo essere soltanto un grande predicatore o un potente profeta per poter servire Dio in modo prezioso nella Sua chiesa. Forse Dio mi ha dato il dono di pregare, cosicché per me è più facile che per altri cristiani pregare lungamente e con una gran fede per certe cause. Questo è spesso un servizio che non si vede ed è fatto di solito di nascosto. E come sarebbe la nostra chiesa senza tali uomini di preghiera ?  Sicuramente la preghiera fa parte della vita spirituale di ogni cristiano. Eppure io sono contento dei molti fratelli e sorelle che passano molto più tempo nella preghiera rispetto a me e così sostengono gli altri cristiani nella chiesa.

Per tutto questo, Paolo risponde così: Sii contento con quello che Dio ti ha dato, non litigare con Lui e non farGli rimproveri. Perché Lui ti ha dotato e ti ha collocato come membro nel corpo, come ha voluto(v. 18). Perciò rallegrati del modo in cui tuo Padre, che ti ama, ti ha fatto e sèrviLo con quello che Lui ti ha affidato.

Nel versetto 17 Paolo affronta il secondo malinteso. Chiede: «Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito ?  Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato ?»  Se tutti avessimo lo stesso dono, molte cose necessarie nella chiesa rimarrebbero trascurate. Paolo è molto chiaro qua.

L’argomentazione di questo pensiero si ricollega al primo malinteso. Paolo descrive un caso estremo: Se tutte le membra non volessero accettare i propri doni, ma volessero essere tutti «occhio», tutto il corpo sarebbe solo «occhio» e molte altre cose indispensabili mancherebbero.

Paolo parla poi anche del caso opposto: Ci sono cristiani che ritengono il loro dono e servizio più importante di tutti gli altri. Il loro problema è questo: il mio dono è al disopra di tutti gli altri: «Se solo tutti i cristiani fossero così dotati come me, la nostra chiesa crescerebbe di più, raggiungeremmo finalmente il risveglio bramato e non avremmo tanti problemi nella chiesa». Ora io sto esagerando con l’intenzione di far capire meglio il problema. Vorrei spiegare questo malinteso con un esempio concreto:

Immaginiamo che tu abbia un contatto con molti non credenti con cui parli della tua fede; li inviti alla chiesa o agli studi biblici e così alcuni diventano credenti. Un giorno un evangelista viene nella tua chiesa e predica che ogni cristiano è un evangelista. E spiega che è normale che i non credenti si convertano ogni giorno se parlano con te. Ma anche se non si convertono, parlare con qualcuno della tua fede almeno una volta al giorno è il minimo da farsi per un cristiano. La maggior parte delle persone che ascoltano questa predica allora si sentono completamente a disagio e vorrebbero proprio andare a nascondersi. Anche le persone più aperte a parlare della fede si chiederebbero dentro di sé che cosa potrebbero aver sbagliato fino a quel momento.

Non ci si pone la domanda se veramente ogni cristiano è chiamato a testimoniare la sua fede, cioè a evangelizzare. D’altra parte è anche chiaro che non ogni cristiano è un evangelista nello stretto senso del termine. Paolo chiede: «Sono forse tutti apostoli ? Sono forse tutti profeti ?» (v.29-30). E potremmo aggiungere anche questo: «Sono forse tutti evangelisti ?»  No ! Anche essere evangelista è un servizio come gli altri (Ef 4:11). Con riferimento ai versetti 29-30 potremmo dire: Non ogni cristiano deve essere un evangelista per essere un vero membro del corpo di Cristo. Se tutti fossero solamente evangelisti, mancherebbero molti doni e servizi indispensabili.

Il terzo malinteso lo troviamo nel versetto 21: «L’occhio non può dire alla mano: Non ho bisogno di te; né il capo può dire ai piedi: Non ho bisogno di voi.» Il problema che Paolo affronta qua è questo: “Io basto a me stesso. Non ho bisogno dei miei fratelli e delle mie sorelle”. Quest’atteggiamento lo potremmo chiamare un cristianesimo per un singolo isolato. È alla fine un atteggiamento proprio di superbia. Paolo chiede di nuovo: «Sono forse tutti apostoli ?  Sono forse tutti profeti ?» (v.29-30)  No !  Io, da solo, non sono molto e non ho molto. Per questo ho bisogno dei miei fratelli e sorelle. Soprattutto ho bisogno di coloro che a me sembrano «membra più deboli».

Alla fine di questo passaggio Paolo parla della relazione fra le varie membra (v. 22-25) e finisce col dire questo: Il maggiore onore spetta a quelle parti che ne avevano di meno (v. 24). Dice che quelle membra «che sembrano essere più deboli sono invece necessarie». «E quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore» e «le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro». (È probabile che Paolo si riferisca qua agli organi genitali. La parola «indecoroso» si trova solo in questo versetto nel Nuovo Testamento.)

Di che membra parla allora Paolo ?  L’uno forse considera che la preghiera non sia un servizio molto importante.  Ma parlare con il Creatore del cielo e della terra, con il Padre celeste, non è cosa debole in nessun caso. Tutt’al più, le nostre parole umane sono deboli. Per un altro forse fare le pulizie nella chiesa è un servizio «meno onorevole». Ma è vero questo ?  Anche questa cosa invece è certamente utile: pensate se avessimo una riunione dopo l’altra, mentre  la chiesa fosse sporchissima.  Perciò anche questo servizio è molto «necessario». Così anche ci sono alcuni che considerano l’evangelizzare in un quartiere a luci rosse «indecoroso». Ma proprio i fratelli e le sorelle che vanno in tali zone hanno bisogno di maggior sostegno della chiesa di Gesù. Loro son quelli che vanno «per i viottoli di campagna e lungo le siepi» (Lu 14:23), come disse Gesù, e così fanno un servizio veramente difficile e «necessario».

Se quindi noi onoriamo i deboli in modo speciale, facciamo esattamente ciò che fa Dio: Diamo maggior onore alla parte meno onorevole (v. 24). Questo corrisponde bene al principio di Dio di scegliere «le cose pazze», «le cose deboli del mondo», «le cose ignobili» e «le cose disprezzate» (1 Co 1:26-29). Paolo nomina anche lo scopo di quest’ordine: In primo luogo «che non ci fossero divisioni nel corpo» e in secondo luogo «che tutte le parti, collaborando insieme, avessero lo stesso scopo». È chiaro allora: dove alcuni si sentono i forti e considerano gli altri i deboli, la conseguenza logica è la divisione nella chiesa. Però non è questo lo scopo di una chiesa; lo scopo deve essere l’aiutarsi reciprocamente rispettando ciascuno il servizio dell’altro.

Un corpo

Poi Paolo ritorna al tema dell’inizio: La chiesa è «un corpo». E questo ha delle conseguenze:

«Se una parte del corpo soffre, tutte le altre soffrono con essa» (v. 26) È sorprendente questo ?  No, perché anche nel nostro corpo umano è così. Se qualcuno ha un mal di testa, tutta la sua persona è sofferente.

Finché i cristiani non capiscono questi tre malintesi, il corpo non può funzionare bene. E tutti ne soffrono. Se al contrario «una parte, invece, è onorata, tutte le altre ne sono felici». (v. 26)

Chi serve con i doni che gli sono stati dati, ha gioia nel servire e non si angustia più per le cose che non sa fare così bene. Anche chi stima e apprezza i doni e servizi degli altri, se sa che ha bisogno di loro, si può soltanto rallegrare con loro e condividere la sua gioia. Semplicemente ringraziando il membro presunto più debole, lo onoriamo e portiamo molta gioia a tutti e due.

Nel versetto 27 Paolo dice ancora una volta esplicitamente che la chiesa in Corinto è il «corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua». Questa chiesa però non è l’unica nel mondo, quindi non solo essa è il corpo di Cristo. Questo fatto ci porta all’ultimo pensiero: La chiesa in Corinto è un membro del corpo di Cristo e quindi fa parte del corpo mondiale di Cristo, cioè della Sua chiesa in tutto il mondo. È naturale che in ogni chiesa si trovano certi servizi, come l’evangelizzazione, la dottrina biblica, la preghiera, l’adorazione ecc. Oltre a ciò è naturale che ogni chiesa ha un ambito dove lavora ognuno più o meno intensamente ed efficacemente, secondo i doni che ci sono. E così i vari doni servono anche ad altre chiese e a tutto il corpo di Cristo.

Allora tutti noi possiamo impegnarci nel luogo dove Dio ci ha posti e allo stesso tempo essere contenti per quello che Dio ha dato anche alle altre chiese e come le usa.

Conclusione

Alla fine vorrei riassumere qualche punto importante:

  • I doni sono legati inseparabilmente con i doveri.
  • Dobbiamo accettare come Dio ha distribuito i doni.
  • Ogni persona è necessaria, ma al suo posto.
  • Ognuno ha qualcosa. Nessuno ha tutto.

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